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focus / Giovedì, Maggio 26, 2011
Case report
Giovedì, Maggio 26, 2011

Lettere

Caso: 

Spettabile Redazione, a seguito di un recente ricovero in reparto di cardiologia di mio padre ho constatato che il protocollo terapeutico prevedeva l’impiego di allopurinolo ad alta dose in associazione con diuretici. Capisco la logica di prevenire un eventuale aumento dell’uricemia dovuto all’uso della terapia diuretica (in questo caso con furosemide), ma visto che i valori di uricemia erano del tutto normali (<420 micromol/l) mi chiedo se un protocollo preventivo di questo tipo sia giustificato considerati i numerosi effetti avversi dell’allopurinolo e le possibili interazioni con i molti farmaci usati in questo tipo di pazienti. Cordiali saluti Lettera firmata

Stante la normalità dell’uricemia, in assenza di una storia clinica di gotta o nefrolitiasi, non sembra necessaria la somministrazione di allopurinolo. E’ questo tuttavia uno dei casi nei quali le prove derivanti da studi clinici controllati sono carenti e gli studi sperimentali potrebbero suggerire un atteggiamento terapeutico più aggressivo. La cautela nell’uso dell’allopurinolo deriva dalla nozione che tale farmaco può esporre il paziente al rischio di eventi avversi (che compaiono nel 5% circa dei trattati), in particolar modo reazioni da ipersensibilità potenzialmente letali, in assenza di un beneficio clinico documentato. Il trattamento con diuretici tiazidici o dell’ansa può incrementare l’uricemia, fatto interpretabile come precoce manifestazione di una ridotta volemia e di un elevato riassorbimento renale. La riduzione della dose dei diuretici o l’associazione con ACE inibitori, sartani o calcioantagonisti potrebbero essere sufficienti a prevenire l’iperuricemia.
I confini della questione dovrebbero tuttavia essere allargati. Nel caso in oggetto la somministrazione di un diuretico dell’ansa suggerisce che il paziente sia affetto da insufficienza cardiaca. Nuove prove cliniche e sperimentali hanno rafforzato l’ipotesi che l’iperuricemia sia implicata nelle alterazioni metaboliche (iperglicemia e diabete di nuova insorgenza) secondarie al trattamento diuretico. Inoltre, indipendentemente dall’uso di diuretici, un incremento dell’uricemia si associa a condizioni cliniche di rischio cardiovascolare, all’insufficienza cardiaca, allo sviluppo di ipertensione arteriosa, al manifestarsi della sindrome metabolica e alla progressione del danno renale. Alti livelli plasmatici di acido urico indurrebbero vasocostrizione e resistenza all’insulina per una ridotta disponibilità di ossido d’azoto, stress ossidativo per attività della xantina ossidasi e stato infiammatorio, tutti fattori di progressione del danno cardiovascolare e renale. Il beneficio clinico derivante dalla riduzione dei livelli di uricemia deve tuttavia ancora essere definito. In assenza di prove conclusive sembrano razionali un uso avveduto dei diuretici e una certa cautela nell’uso di allopurinolo nei pazienti asintomatici.

Pietro Minuz Medicina Interna C, Policlinico GB Rossi, Verona CDI #rrr#

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