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focus / Lunedì, Agosto 3, 2015
Case report
Lunedì, Agosto 3, 2015

Enrico soffre, tra cervello e cuore

Focus Farmacovigilanza 2015;89(8):7
Caso: 

La storia clinica di Enrico, 58 anni, inizia nel 2006 quando a seguito di un carcinoma del rene metastatico subisce un intervento di nefrectomia sinistra seguito da un trattamento chemio e radioterapico con una temporanea regressione delle lesioni. Nel 2013, a seguito di una progressione della patologia neoplastica, su suggerimento dell’oncologo viene avviata la terapia con sorafenib (200 mg due volte al giorno). Fino a quel momento Enrico non aveva mai sofferto di disturbi cardiovascolari. Nell’aprile 2014 Enrico arriva in Pronto soccorso per l’insorgenza di un dolore epigastrico a riposo irradiato al torace e al braccio sinistro. All’ingresso l’obiettività generale e neurologica sono nella norma mentre i valori pressori sono elevati (186/107 mmHg). Successive indagini permettono di riscontrare all’elettrocardiogramma un’onda T negativa in D1-aVL e V6 e un incremento dei valori di troponina I (1,76 μg/l). Enrico viene quindi trasferito in Unità coronarica per una sospetta sindrome coronarica acuta, confermata da un ulteriore riscontro laboratoristico (valore di picco di troponina I pari a 26,6 μg/l).
Dopo qualche giorno viene eseguita una coronarografia che rileva una coronaropatia monovasale della discendente anteriore, trattata efficacemente con angioplastica e impianto di uno stent medicato. Su consiglio dell’oncologo viene sospesa la terapia con sorafenib. A qualche ora dall’intervento, Enrico lamenta cefalea ingravescente e diffusa con disturbo del visus. Una prima valutazione neurologica suggerisce la comparsa di una possibile cecità corticale per cui viene eseguita una TC cerebrale diretta che risulta, tuttavia, negativa.
Il giorno successivo il quadro neurologico di Enrico si complica: accanto alla persistenza della cefalea compaiono afasia, mancata reazione alla minaccia visiva, deficit dell’attenzione e della comprensione di ordini semplici. Il paziente viene quindi sottoposto a risonanza magnetica cerebrale che evidenzia la presenza di minute lesioni iperintense in regione cerebellare bilateralmente e una in regione corticale frontale sinistra.
Nelle successive 48 ore la situazione neurologica di Enrico presenta un progressivo e rapido miglioramento con scomparsa della cefalea e recupero del linguaggio. L’obiettività ritorna normale dopo circa 5 giorni e, a distanza di 15 giorni, una risonanza cerebrale di controllo rileva la completa scomparsa delle lesioni precedentemente segnalate. La diagnosi alla dimissione è di sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST in coronaropatia critica monovasale e leucoencefalopatia reversibile delle regioni posteriori, possibilmente correlata a un effetto avverso del sorafenib.

Una coppia di reazioni avverse

Il sorafenib è un agente antitumorale registrato in Italia per il trattamento dell’epatocarcinoma e del carcinoma a cellule renali avanzato. L’azione antiproliferativa sulle cellule neoplastiche si esplica attraverso l’inibizione di numerose protein-chinasi intracellulari (per esempio Raf-chinasi). Il farmaco, inoltre, ha un’attività antiangiogenica che si manifesta attraverso l’inibizione di protein-chinasi associate a recettori di membrana come per esempio il VEGF-R (Vascular Endothelial Growth Factor Receptor). Gli effetti avversi riportati più spesso con sorafenib sono le reazioni cutanee (rash e secchezza della cute) e quelle gastrointestinali (nausea e diarrea).1 Meno note sono altre importanti reazioni avverse correlate all’inibizione dell’angiogenesi quali la tossicità cardiovascolare (per esempio infarto e scompenso cardiaco) e cerebrale (per esempio leucoencefalopatia posteriore reversibile). Tali reazioni sono riportate in scheda tecnica e classificate come “non comuni” (frequenza L’eziologia del danno cardiaco indotto da sorafenib è di natura multifattoriale. L’inibizione del VEGF-R, infatti, può determinare la comparsa di ipertensione e un aumento dell’aggregazione piastrinica. Inoltre altre indagini suggeriscono una possibile tossicità diretta di sorafenib sui cardiomiociti, con conseguente alterazione dei processi di rimodellamento cardiaco. Una revisione indipendente di due studi, condotta dall’FDA, indica che l’incidenza di ischemia o di infarto miocardico si manifesta in circa il 2,9% dei pazienti trattati con sorafenib.2 La leucoencefalopatia posteriore reversibile (RPLS, reversible posterior leukoencephalopathy syndrome) è una sindrome clinica e neuroradiologica descritta per la prima volta nel 1996 da J. Hinchey che si manifesta con cefalea, alterazione dello stato mentale, cecità corticale e altri disturbi visivi. Tale sindrome è stata associata all’impiego di farmaci ad azione citotossica sull’endotelio vascolare tra i quali immunosoppressori, chemioterapici e, più recentemente, farmaci della “terapia target” che inibiscono il VEGF-R (per esempio sorafenib, sunitinib e bevacizumab). La presenza di ipertensione è inoltre un fattore di rischio predisponente alla comparsa di leucoencefalopatia posteriore reversibile.3 Nella letteratura internazionale la leucoencefalopatia posteriore reversibile associata all’uso di sorafenib è limitata a pochi case report.4,5
La peculiarità del caso clinico di Enrico è la rapida successione temporale di due gravi reazioni avverse avvenute nel medesimo paziente, evenienza mai descritta a oggi per sorafenib. Infatti il calcolo del nesso di causalità effettuato attraverso l’algoritmo di Naranjo indica un’elevata probabilità nell’attribuire al farmaco la comparsa dei due eventi. È inoltre interessante sottolineare che, nonostante la dichiarata selettività del sorafenib (classificato nelle cosiddette “terapie-target”), le reazioni manifestate dal paziente sono da imputare alla diffusa inibizione di protein-chinasi comprese quelle non direttamente coinvolte nell’attività antitumorale.
I medici dovrebbero essere adeguatamente informati della correlazione tra il sorafenib e la comparsa di eventi cardiocerebrovascolari in modo da riconsiderare, in una prospettiva di rischio-beneficio, l’opportunità o meno di proseguire la terapia.

Bibliografia: 
  1. N Engl J Med 2008;359:378-90. CDI
  2. Clin Cancer Res 2006;12:7271-8.
  3. Curr Oncol Rep 2008;10:86-91.
  4. J Clin Onc 2006;24:48. CDI
  5. Med Oncol 2010;27:1436-7. CDI NS

Edoardo Mampreso1, Domenico Marchese2, Verena Niederwanger3, Umberto Gallo4, Anna maria Grion4
1 UO Neurologia Ospedale di Piove di Sacco - ULSS 16
2 UO Cardiologia Ospedale S. Antonio - ULSS 16
3 Scuola di Specializzazione in Farmacia Ospedaliera, Università di Padova
4 SC Assistenza Farmaceutica Territoriale, ULSS 16

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