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Mercoledì, Ottobre 10, 2018

Antipsicotici e rischio di morte

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Una revisione sistematica suggerisce che l’assunzione di antipsicotici di seconda generazione non aumenti significativamente il rischio di morte, se non in alcuni sottogruppi di pazienti. Le conclusioni si basano sui risultati di 352 studi randomizzati e controllati con placebo (84.988 pazienti coinvolti) pubblicati fino a gennaio 2017. La maggior parte degli studi (85%) aveva un follow up mediano di 13 settimane.

La mortalità nei pazienti trattati con i farmaci è risultata dello 0,4% rispetto allo 0,3% in coloro che avevano ricevuto il placebo. In particolare, non si sono osservate differenze significative nella mortalità generale (odds ratio 1,19, limiti di confidenza al 95% da 0,93 a 1,53), per cause naturali (odds ratio 1,29, limiti di confidenza al 95% da 0,85 a 1,94), per suicidio (odds ratio 1,15, limiti di confidenza al 95% da 0,47 a 2,81) e per altre cause non naturali (odds ratio 1,55, limiti di confidenza al 95% da 0,66 a 3,63).

Le analisi per sottogruppi non hanno mostrato differenze statisticamente significative se non per un aumento del rischio nei pazienti con demenza (odds ratio 1,56, limiti di confidenza al 95% da 1,1 a 2,21), anziani (odds ratio 1,38, limiti di confidenza al 95% da 1,01 a 1,89) o in trattamento con aripiprazolo (odds ratio 2,2, limiti di confidenza al 95% da 1 a 4,86). E’ stata inoltre evidenziata una relazione tra genere femminile e mortalità. Peraltro, l’età avanzata, l’impiego di aripiprazolo e l’appartenenza al genere femminile rappresentavano un fattore di rischio significativo quasi esclusivamente negli studi che avevano incluso pazienti con demenza.

Sfatando una convinzione piuttosto diffusa, nei pazienti con schizofrenia non si osservava un aumento del rischio di mortalità in caso di trattamento con antipsicotici di seconda generazione (odds ratio 0,69, limiti di confidenza al 95% da 0,35 a 1,35).

Questa metanalisi smentisce il timore che gli effetti gravi e acuti dei farmaci antipsicotici possano contribuire alla riduzione dell’aspettativa di vita descritta nei pazienti con disturbi mentali e circoscrive il rischio ai pazienti con demenza. Va peraltro segnalato che il follow up relativamente breve degli studi selezionati non consente di individuare un eventuale impatto sulla mortalità a lungo termine.

Schneider-Thoma J, Efthimiou O, et al. Second-generation antipsychotic drugs and short-term mortality: a systematic review and meta-analysis of placebo-controlled randomised controlled trials. Lancet Psychiatry 2018;5:653-63.

e-mail ricercatore: stefan.leucht@tum.de

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