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Martedì, Settembre 25, 2012

Broncodilatatori e aritmie nei pazienti con BPCO

Reazione: 

Due studi canadesi di popolazione con disegno caso-controllo, entrambi coordinati dalle istituzioni sanitarie nazionali, il primo di dimensioni limitate, il secondo di maggiore numerosità per confermare i risultati del precedente, evidenziano un effetto aritmogeno dei broncodilatatori nei pazienti con BPCO.

La prima indagine ha utilizzato i registri sanitari dalla provincia canadese del Saskatchewan (copertura di circa 2 milioni di residenti) per selezionare una coorte di 6.018 ultracinquantacinquenni con diagnosi di BPCO stabilita in base all’evidenza di almeno 3 prescrizioni di broncodilatatori (beta-agonisti a breve o lunga durata di azione, ipratropio bromuro o metilxantine) in due date differenti nell’arco di un anno nel periodo 1990-1999. Questa sottopopolazione è stata seguita fino al 2003 registrando gli eventi incidenti di ricovero o morte per aritmia cardiaca (n=469, in 56 casi mortale, pari a un tasso di 1,37 eventi per 100 all’anno). Il rischio di aritmie associato all’impiego di broncodilatatori è stato ricavato appaiando ciascun caso a 20 soggetti della popolazione generale ed è risultato significativamente maggiore per i pazienti che iniziavano la terapia con ipratropio (rischio relativo 2,4, limiti di confidenza al 95% da  1,4 a 4) o con beta-agonisti a lunga d’azione (rischio relativo 4,5, limiti di confidenza al 95%, da 0,5 a 1,6), ma non con  gli altri farmaci né per l’uso corrente di qualsiasi broncodilatatore.

Nel secondo studio, effettuato con il medesimo disegno e nello stesso periodo in pazienti con BPCO ultrasessantasettenni della provincia del Quebec (copertura 7 milioni di residenti), la coorte di pazienti con BPCO  trattati con broncodilatatori comprendeva 76.661 pazienti che hanno manifestato 5.307 episodi di aritmia (1,03 per 100 all’anno, dei quali 621 fatali). In questo studio, il confronto con la popolazione di controllo ha mostrato che il rischio di aritmie era presente sia con i beta-agonisti a breve durata d’azione (rischio relativo 1,27, limiti di confidenza al 95% da 1,03 a 1,57) sia con quelli a lunga durata d'azione (rischio relativo 1,47, limiti di confidenza al 95% da 1,01 a 2,15) sempre al momento dell’introduziuone nello schema terapeutico, mentre non raggiungeva la significatività statistica con ipratropio bromuro e metilxantine.

Non è stato identificato un tipo prevalente di alterazione del ritmo associato al trattamento, né la storia di cardiopatia configurava una predisposizione.

Anche se i broncodilatori rappresentano l’intervento di prima linea nella BPCO, emerge il fatto che il loro impiego richiede una certa cautela nei soggetti cardiopatici, in quanto si associa a un rischio significativo di aritmie cardiache. Ciò vale soprattutto nelle fasi iniziali del trattamento, mentre l’effetto aritmogeno sembra attenuarsi nel tempo.

 

Wilchesky M, Ernst P, et al. Bronchodilator use and the risk of arrhythmia in COPD: Part 1: Saskatchewan Cohort Study. Chest 2012;142(2):298-304. doi:10.1378/chest.10-2499.

e-mail ricercatore: samy.suissa@mcgill.ca

Wilchesky M, Ernst P, et al. Bronchodilator use and the risk of arrhythmia in COPD: Part 2: Reassessment in the larger Quebec cohort. Chest 2012;142:305-311;doi:10.1378/chest.11-1597.

e-mail ricercatore: samy.suissa@mcgill.ca

 

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