Capecitabina e insufficienza renale
La capecitabina, profarmaco del 5-fluorouracile, destinato alla somministrazione orale anziché endovenosa e disponibile in Italia dal 2001, è indicata sia per la terapia adiuvante che metastatica in pazienti con carcinoma del colon-retto, per il tumore gastrico in combinazione con un regime a base di platino e nel tumore mammario in associazione o in monoterapia a seconda dello stadio della malattia.
Nella banca dati del GIF sono presenti 3 casi di insufficienza renale acuta (uno nel 2008) e un caso di peggioramento della funzionalità renale da capecitabina. La segnalazione del 2008 proveniente dalla Lombardia e riguarda una donna di 67 anni in terapia con un regime a base di capecitabina e oxaliplatino per il trattamento di un carcinoma del colon. La paziente assumeva diversi altri farmaci concomitanti (atenololo, verapamil, ASA, lisinopril, desametasone, granisetron).
Gli altri due casi di insufficienza renale sono associati a vomito e diarrea e provengono rispettivamente dalla Campania nel 2007 (donna di 66 anni in terapia per carcinoma mammario senza altri farmaci riportati) e dalla Lombardia nel 2000 (uomo di 73 anni in terapia per carcinoma del colon anche in questo caso senza altri farmaci riportati).
Infine il peggioramento della funzione renale è riportato in Lombardia nel 2004 in una paziente di 56 anni in terapia anche con allopurinolo e tirosina.
L’insufficienza renale è una reazione avversa non riportata nella scheda tecnica dell’unico prodotto a base di capecitabina attualmente commercializzato nel nostro paese (Xeloda), nella quale tale patologia rappresenta solo una controindicazione alla prescrizione del farmaco.
In letteratura non vi sono casi analoghi a quelli appena descritti, mentre reazioni di nefrotossicità sono segnalate per l’oxaliplatino (per cui nel primo caso non è da escludere un eventuale ruolo di questo farmaco).