Pregabalin, gabapentin e scompenso cardiaco

Secondo un recente studio di coorte, l’uso di pregabalin per il dolore cronico non oncologico sembra associarsi a un rischio più elevato di sviluppare scompenso cardiaco rispetto al gabapentin. 

Lo studio, condotto tra il 2015 e il 2018, ha coinvolto 246.237 persone di età compresa tra 65 e 89 anni, tutte affette da dolore cronico non oncologico, senza precedenti di scompenso cardiaco o malattie terminali. Tra questi, 18.622 partecipanti (7,6%) hanno iniziato la terapia con pregabalin, mentre 227.615 (92,4%) con gabapentin. L’obiettivo era confrontare il numero di ricoveri ospedalieri e visite al pronto soccorso dovuti a scompenso cardiaco tra i due gruppi.

Durante il follow up, 1.470 persone hanno avuto un ricovero ospedaliero o una visita al pronto soccorso per scompenso cardiaco. L’incidenza di questi eventi era maggiore tra i partecipanti trattati con pregabalin rispetto a quelli con gabapentin, con tassi rispettivamente di 18,2 (limiti di confidenza al 95% da 15,3 a 21,6) e 12,5 per 1.000 anni-persona (limiti di confidenza al 95% da 11,9 a 13,2). Il rischio di scompenso cardiaco era significativamente maggiore tra i nuovi utilizzatori di pregabalin rispetto a quelli di gabapentin (hazard ratio aggiustato – HR 1,48, limiti di confidenza al 95% da 1,1 a 1,77) ed era ancora più marcato quando si consideravano i soli pazienti con una storia di malattie cardiovascolari (HR 1,85, limiti di confidenza al 95% da 1,38 a 2,47).

La mortalità per tutte le cause, invece, non differiva in modo significativo tra i due gruppi (HR 1,26, limiti di confidenza al 95% da 0,95 a 1,76).

Quanto osservato potrebbe derivare dalla maggiore affinità di legame del pregabalin per la subunità α2δ del canale del calcio di tipo L, potenzialmente in grado di influenzare la funzione cardiaca.

Questi risultati suggeriscono cautela nell’uso di pregabalin in questa popolazione, soprattutto nei pazienti con una storia di malattie cardiovascolari. I medici dovrebbero quindi considerare attentamente la scelta del farmaco, bilanciando benefici e rischi, e monitorare attentamente la funzione cardiaca dei pazienti durante la terapia.