Inibitori dell’interleuchina 17 e malattie infiammatorie intestinali

La terapia con inibitori dell’interleuchina-17, impiegata in dermatologia per la cura della psoriasi e in reumatologia per diverse patologie articolari, si associa alla comparsa di malattie infiammatorie intestinali di nuova insorgenza o alla loro esacerbazione.

Lo rileva un’analisi di disproporzionalità condotta sulle segnalazioni raccolte dal FAERS tra il 2015 e il 2022 e un’indagine retrospettiva su 29 tra case report e case series pubblicati nello stesso periodo, volte a far luce sul profilo di sicurezza intestinale di questa classe di farmaci.

Dall’analisi del database statunitense sono emersi 388 casi di malattie infiammatorie intestinali correlate a inibitori dell’interleuchina 17, con tassi di segnalazione statisticamente significativi per secukinumab e ixekizumab (Reporting Odds Ratio – ROR secukinumab 2,13, limiti di confidenza al 95% da 1,96 a 2,30; ROR ixekizumab 2,79, limiti di confidenza al 95% da 2,39 a 3,27), ma non per brodalumab (ROR 1,48, limiti di confidenza al 95% da 0,48 a 4,6).

I 29 case report e case series considerati, per un totale di 34 casi descritti, hanno evidenziato l’insorgenza di malattie infiammatorie intestinali durante la terapia con secukinumab (27 casi) e ixekizumab (7 casi) dopo un tempo mediano di trattamento di 2,9 mesi. Diarrea, anche sanguinolenta, dolore addominale e febbre sono stati i sintomi più comunemente descritti, spesso accompagnati da conta leucocitaria, velocità di eritrosedimentazione, proteina C-reattiva e calprotectina fecale elevate.

Nei pazienti candidati alla terapia con inibitori dell’interleuchina-17 è fondamentale eseguire un’attenta anamnesi prima della somministrazione di questi farmaci e, in corso di trattamento, si raccomanda di monitorare sintomi gastrointestinali e biomarcatori infiammatori in modo da individuare precocemente eventuali eventi avversi. Gli inibitori dell’interleuchina-17 non vanno usati nei pazienti che hanno una colite ulcerosa o un Crohn.